Talassemia, un’interrogazione chiede il rispetto dei 100 giorni per l’approvazione della terapia genica

Le senatrici Paola Boldrini e Maria Rizzotti, rispettivamente vice presidente e membro della Commissione XII Igiene e Sanità, hanno dato voce alle difficoltà che incontrano i pazienti italiani affetti da beta talassemia major, oltre 5.000 persone che vivono i pesati effetti di una carenza congenita di emoglobina, per la quale l’unica cura attualmente disponibile è il trapianto del midollo osseo. Per i pazienti che non possono sottoporsi a questa procedura, l’alternativa è una terapia a base di trasfusioni di sangue con cadenza bisettimanale, a cui è associato un trattamento ferrochelante con monitoraggio continuo degli organi principali, che possono danneggiarsi a causa dell’accumulo del ferro, generando complicanze molto gravi.

Di recente, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha approvato una terapia genica per la cura della beta talassemia major. Le terapie geniche consentono di regolare, riparare, sostituire, aggiungere o eliminare una sequenza genetica, offrendo nuove prospettive di guarigione ai pazienti affetti da patologie che, sino ad ora, erano prive di una valida soluzione terapeutica, intervenendo in modo diretto sulle cause della malattia. Queste terapie possono accedere ad una valutazione accelerata da parte dell’EMA per l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata. In Italia, nel caso di farmaci orfani destinati alla cura delle malattie rare, e quindi anche nel caso della terapia genica per la beta talassemia, “viene avviata con AIFA – si legge nell’interrogazione – la procedura di prezzo e rimborso accelerata detta “procedura di 100 giorni”, ai sensi dell’art. 12, comma 5-bis, del decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi); in virtù del provvedimento normativo, AIFA dovrebbe impiegare un massimo di 100 giorni per concludere la procedura di prezzo e rimborso, garantendo così ai pazienti, che non hanno una valida alternativa terapeutica, un tempestivo accesso alle terapie innovative”. Ciò di fatto non avviene. Il III Rapporto OSSFOR riporta un ritardo di 139 giorni. Solo per il 44% dei farmaci analizzati, il regime di prezzo e rimborso viene definito entro il primo anno dall’approvazione di EMA, per il 77% entro i 2 anni e per il 90% entro 3 anni dall’autorizzazione EMA.

Sulla procedura dei 100 giorni ha di recente presentato un’interrogazione parlamentare anche l’Onorevole Rossana Boldi, vicepresidente della XII commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, alla quale, lo scorso 15 luglio, ha risposto il Sottosegretario per la Salute, Andrea Costa, dichiarando che “l’Italia è al quarto posto tra gli Stati Membri per numero di prodotti rimborsati (rate of availability) a seguito dell’autorizzazione dell’EMA, e si pone tra i primi Paesi per accesso ai farmaci, superata solo da Germania, Danimarca e Austria”. Nella risposta si legge che da un’analisi dell’AIFA sui farmaci in corso di approvazione, comprensiva di 75 procedure, relative ad altrettante indicazioni terapeutiche, è emerso che per le 28 procedure concluse, il tempo mediano per il termine dell’iter negoziale, dalla presentazione della domanda in AIFA alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è risultato di 390,5 giorni.

La risposta fornita dal Ministero ci lascia un po’ perplessi”, commenta Francesco Macchia, Coordinatore dell’Osservatorio Farmaci Orfani (OSSFOR). “Come spesso sottolineato nei documenti prodotti da OSSFOR, infatti, i risultati costantemente ottenuti dal nostro Paese, in termini di accesso nel contesto europeo, sono più che soddisfacenti, soprattutto se consideriamo le diverse procedure di accesso precoce che l’Italia mette a disposizione dei pazienti. Ciò che le interrogazioni, alla Camera prima e al Senato poi, intendono porre sotto il riflettore è l’esistenza di una legge che prevede un tempo certo, 100 giorni, per la procedura di immissione in commercio di una terapia, che nella pratica comune non viene rispettata. Non dobbiamo dimenticare – continua Macchia – che questo termine non rappresenta solo un numero, ma i giorni che separano i pazienti dalla speranza di ottenere, finalmente, una terapia in grado di migliorare la loro condizione”.

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